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Imprese e oche da spennare, filosofia d’impresa

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di Sara Palazzotti | 6 Novembre 2014


Buongiorno, ragionatori osservanti e naviganti. Giorni fa, ho visto l’ottimo servizio di Rai-Report (Siamo tutti oche) sul macabro spennamento di oche per la produzione di piume d’oca, per calde e morbidissime imbottiture di piumini (che siano giacconi, coperte, cuscini, ecc.). Dico subito che, a un certo punto del servizio giornalistico, c’è stata una parentesi positiva, ottimistica, riguardo alla quale vorrei proporre una riflessione. Ma prima vi dico qualcosa del servizio, altrimenti, se non lo avete visto, non ci capiamo.

ocaPareva un film dell’orrore: “imprenditori” che inseguono con i forconi… i giornalisti. Vabbè, dico, facciamoci forza e guardiamo questo documentario dell’orrore. E così ho visionato qual è lo stile della produzione che va per la maggiore nel settore dei piumini d’oca, nei paesi esteri, tanto ammirati per i loro costi contenuti. A mio avviso, però, saranno pure da stimare per il contenimento dei costi, ma si può dire, tecnicamente, che si tratti di una produzione/tortura, per i poveri animali (le oche), ma anche per gli addetti ai lavori (le oche metaforiche) che per pochissimo compenso diventano torturatori – forse non molto compiacenti, se non altro per il misero compenso – spennatori di animali vivi, che per più volte nella loro vita – se sopravvivono alla tortura – sono costretti a subire questa sofferenza.

[Nota extra: immaginiamo di quale essenza malvagia sono carichi questi piumini, venduti poi a caro prezzo, come dimostrano nel servizio. Quale orrore si pone come coperta sul letto chi li acquista? E quale orrore si pone sulle spalle chi si scalda con i giacconi pieni di quelle piume così bianche e morbide, ma così sporche di tortura?].

Ma veniamo alla parentesi positiva di cui vi ho anticipato. Ad un certo punto del servizio si parla di un’impresa etica di successo, quella di Cucinelli, che produce abbigliamento di lusso, molto costoso, ma senza inseguire la massimizzazione dei profitti senza scrupoli e senza spostare la produzione all’estero. L’impresa sembrerebbe ammirevole. Una filosofia aziendale, quella di Cucinelli, diversa da quelle di maggioranza che sono essenzialmente predatorie e senza scrupoli. Un’impresa sicuramente etica, visto che è stata anche sotto l’osservazione di Report.

Però… c’è qualcosa di paradossale, (purtroppo questa realtà è un paradosso… come al solito).

Vi starete domandando: Perché?

Perché… Perché c’è da chiedersi:
Chi sono i clienti che si possono permettere questi acquisti tanto costosi?
Sono, forse, molti di coloro che NON sono tanto etici?

L’impresa è etica, ma i clienti chi sono?
L’aumento di fatturato di quella “impresa etica del lusso” deriva, forse, anche dall’aumento della forbice reddituale tra i molto ricchi e i molto poveri?
Quindi il successo di quella impresa deriva, indirettamente, dalla predazione che porta all’aumento della ricchezza dei pochi ricchi? Ci sono sempre più “ricchi sempre più ricchi“, che possono aumentare le loro spese di lusso, e quindi aumenta il fatturato del mercato del lusso, anche in crisi economica, e ciò è una conseguenza della espansione della predazione.

Vedo questo Paradosso: il successo dell’impresa etica è indirettamente dovuto al successo dei predatori sempre più ricchi.
E’ così, siamo nel paradosso?
O c’è, esiste, anche una rete di attività in crescita che consente una prosperità etica e non predatoria?

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