Disoccupato? In Svizzera 3000 euro al mese per agricoltore, ma è una bufala.
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Ci risiamo con le bufale alla “giornalismo italico”!
Da alcuni giorni gira, tra le testate giornalistiche, la notizia di opportunità di lavoro in Svizzera per fare l’agricoltore. Si parla di 2.200 euro al mese di partenza, fino a 3.000 e più.
Si precisa della grande difficoltà degli operatori locali di trovare manodopera agricola, sebbene a condizioni di rispetto dei minimi salariali, e si incitano i disoccupati italiani a muoversi per andare a lavorare in Svizzera.
In particolare, suonano la fanfara per i “frontalieri“, per i quali l’opportunità sarebbe doppia, vista la possibilità di non spostare la residenza in Svizzera dove il costo della vita è molto più alto. E quindi… pare di capire anche che questo minimo salariale non sia poi tanto eccelso con residenza in loco.
Ma veniamo alla bufala vera e propria: fin dalla prima lettura della notizia ho sentito subito una specie di puzza, anche perché la notizia può essere usata con la solita funzione di “mobbing sociale” contro i disoccupati, per far passare gli italiani da “scansafatiche domestici” – Per capirci: da oggi in poi, dopo questa notizia, diranno che se sei disoccupato lo vuoi tu, perché in Svizzera ti pagherebbero bene per fare il contadino – quindi ho cominciato ad approfondire e sentite un po’ come stanno invece le cose!
L’offerta di lavoro per fare l’agricoltore in Svizzera non vale per gli italiani, ma per i rifugiati residenti in Svizzera.
Non ci credete? Allora, qui trovate il file pdf del Comunicato stampa dell’Unione Svizzera dei Contadini e della Segreteria di Stato della migrazione del 20 maggio 2015.
Con il comunicano – del quale qui anche uno screenshot dell’introduzione – precisano:
I rifugiati possono accedere al mercato del lavoro – Con il progetto pilota, l’Unione Svizzera dei Contadini e la Segreteria di Stato della migrazione si prefiggono diversi obiettivi:
consentire a rifugiati e persone ammesse provvisoriamente di accedere al mercato del lavoro in ambito agricolo, di acquisire o sviluppare conoscenze pratiche e di consolidare le proprie conoscenze linguistiche. Le aziende agricole, dal canto loro, ottengono l’opportunità di reclutare manodopera locale, idealmente anche per impieghi reiterati sull’arco di più anni. Una buona integrazione nel lavoro concorre peraltro a sgravare le finanze pubbliche. Con il progetto pilota ci si propone di individuare le condizioni generali ideali e i fattori di successo atti a consentire un’integrazione riuscita dei rifugiati nel mondo del lavoro in ambito agricolo, mettendo in campo così condizioni ideali affinché tutte le parti coinvoltesiano vincenti.
Questi sono gli incentivi offerti alle aziende agricole che assumono RIFUGIATI, sempre secondo il suddetto comunicato stampa:
Le aziende che partecipano al progetto pilota ottengono un’indennità mensile di 200 franchi per l’onere amministrativo supplementare, connesso in particolare con la valutazione svolta simultaneamente al progetto. Le aziende che offrono anche vitto e alloggio alla loro manodopera ottengono altri 200 franchi d’indennità mensile forfettaria.
L’offerta di lavoro è riservata ai rifugiati residenti in Svizzera e grazie a premi monetari alle aziende.
Allora, carissimi italiani superstiti, l’unica cosa che vi resta da fare, se non trovate altri appigli, è dichiararvi “rifugiati politici” (ammesso che a voi lo concedano) e chiedere asilo politico in Svizzera, si sa mai che vi prendano sù. Forse, non resta altro da fare che questo. Anche perché, ormai, qui il “mediacannibalismo” connazionale è veramente disgustoso e insopportabile.
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