Disoccupazione, una quantità che è come un terno al lotto…
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Tempo fa (lo scorso aprile), ho letto questo articolo in cui si parla della percentuale di disoccupazione e sono rimasta abbastanza sconcertata (per modo di dire, perché si sa che la scienza economica è tutta sconcertante nei princìpi). Comunque… vi spiego perché non mi tornano i conti. Perché mi chiedo come si possa sostenere, con tanta naturalezza, che tra i 15 e 64 anni gli occupati sono 1 su 2 (cioè il 50%) e contemporaneamente affermare che la disoccupazione è al 13%. Non vado i tirare in ballo gli artifici e raggiri delle definizioni e stime di “inoccupati” e “disoccupati“, o quanto possano incidere le domande poste in fase di intervista del campione, o quanto la selezione del campione – lasciamo perdere… – ma faccio io una domanda, più pratica e semplificazionista – visibile dopo la foto dell’articolo:
Ecco il quesito riguardo al metodo di quantificazione della disoccupazione:
Per evitare le “tombole” sulla stima della disoccupazione: perché non si utilizzano i “Centri per l’Impiego“, che non si sa cosa facciano (e si annoieranno anche poverini), per fare una conta precisa dei disoccupati?
La procedura sarebbe semplice: chi cerca lavoro va al Centro per l’impiego (così intanto quelli del centro lavorano anche), si registra, poi si fanno le somme, fine. E così potremo avere un dato reale, un valore assoluto, e anche il valore certo di incidenza della disoccupazione per fasce di età – iggiovani, immezzani, ivvecchi, e anche per anno, o per mese, per giorno di nascita, tutti dati certi – e non una statistica tale che i tarocchi sembrerebbero più attendibili.
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